domenica 26 gennaio 2014

VERSO L'IMMORTALITA'




Ho già trattato l'argomento della divisione dell'anima all'interno del regno fisico-astrale, ponendo l'attenzione su quegli aspetti che sedimentano l'essere rendendolo schiavo degli elementi, della mortalità. Un processo gestito dagli arconti, ovvero, da quegli aspetti di noi che proprio in virtù dell'impossibilità di liberarsi che l'uomo vede in questo disegno, trovano il loro punto di forza.
Questa è una fabbrica di schiavi, in cui le anime sono costrette a girare in tondo in una lentissima e dolorosissima alchimia.
Oltre alla divisione dell'anima in maschile e femminile è importante sottolineare la divisione tra padre e figlio rappresentata dalla reincarnazione dell'anima. Ovviamente quando uso i termini "padre e figlio", li intendo in senso ambivalente e quindi riguarda anche la madre e la figlia, in egual misura.

Immaginate la croce in cui è stato inchiodato il Cristo, nella simbologia che vede l'uomo schiavo di questo mondo e del dolore; sottomesso dal re inferiore. Ho creato uno schema per meglio definire questo processo, che ho intuito in maniera chiara tramite il dormiveglia, proprio questa notte.



 
Dal lato orizzontale vediamo l'uomo e la donna, da quello verticale vediamo il padre e il figlio, non a caso proprio dal basso, dalla coda del rettile ci sono i presupposti (sesso) per far ripartire l'anima dal settimo chakra e rientrare nuovamente per poi uscire dal primo (seme generato da un'anima complementare). Questa "rozza" dinamica è il limite che l'anima si auto-impone per poter riuscire ad alchemizzarsi, il tutto rafforzato da una coalizione di aspetti negativi che rafforzano questa credenza, mostrandocela come l'unica possibile dinamica esistenziale a cui aggrapparci, in un faticoso e doloroso dondolìo dal duplice risvolto; che ci rende vulnerabili rispetto alle schiere che governano sia il sesso, attraverso i media e l'educazione sociale e alle nascite gestite sempre da queste schiere che rendono da subito l'essere schiavo, obbligandolo a "registrarsi" come ingranaggio di questa fabbrica, controllato e gestito fino al suo ultimo giorno di vita. 

L'uomo crea, in questo meccanismo, la prensilità che consente agli arconti di impadronirsi di tutto il disegno fisico-astrale-animico, nella sua totalità. L'anima dunque è schiava, seppur questo stia dandole conoscenza di sè e dei suoi metaforici opposti, così come della rudimentalità di questo cruento gioco senza fine.
Dovremmo iniziare a pensare a come un'anima possa essere capace di attivare tutte queste dinamiche in un unico corpus, che ovviamente non potrà essere di carne ma bensì composto da altri elementi, elementi meno solidi e densi.
Immaginate un uomo che unisce in sè maschile e femminile e che assume le potenzialità di procreazione attivando la nascita dentro di sè, affinchè l'anima possa "riconcepirsi" all'interno di un unico corpo e quindi, raggiungere l'immortalità.
Immaginate di essere voi stessi genitori della vostra anima e quindi di rinascere dentro il vostro corpo in un perpetuo ricircolo. L'uruboros è la chiave per meglio comprendere questa dinamica.
L'uomo, in embrione, ha inizialmente una coda di rettile, questa coda in un secondo momento si ritrae, quasi a testimoniare, così come nella metafora del Re che estrae la spada dalla roccia, come l'anima risalga gradualmente dalla spina dorsale, inalzandosi, uscendo dalla gabbia di "pietra" rappresentata dal corpo carnale, per poi ingoiare la propria coda in un sitema di ricircolo (uruboros). 

In virtù dei 7 vizi capitali a cui l'uomo è soggetto, metaforicamente, associabili ai chakras e ad altre analogie, vediamo anche la soluzione che ci vede distaccati dalle tentazioni legate alla carne, all'accoppiamento fisico e alla procreazione e quindi all'accettazione del principio che rende schiavi gli uomini rispetto a questo regno.
Questi principi sono la chiave stessa del perpetuo essere e dell'evoluzione animica nella sua forma "grezza" e che plausibilmente potrebbero incanalarsi in un solo essere; un essere immortale e completo. Un'anima indipendente rispetto a questi principi.

Gabriele Sortino

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